Ma l'orazione ha modi speciali di far onore all'altissima Maestà di Dio. Questi sono:
Primo, quel che essa crede e suppone.
Secondo, quel che ella confessa ed espone.
Terzo, quello ch'ella chiede e a tutto il resto antepone.
E finalmente la maniera con la quale, avanti a Dio, le sue domande ella propone.
Crede e suppone prima l'orazione, che Iddio possa e voglia esaudirla, e concederle quel
che domanda; poichè non fu mai che alcuno domandasse ad altri cosa veruna, se non aveva
qualche speranza di ottenerla. Nè s'invoca, con l'orazione, Colui in cui non si crede. Il creder che
Iddio sia potente a farci le grazie, e ch'egli sia benigno, liberale e pronto a farcele, molto l'onora;
perché dalla creatura si onora la Maestà di Dio quando si conoscono e si fanno conoscere le sue
grandezze e specialmente queste due: la Potenza e la Bontà.
Questo fa l'orazione; perchè ella tien per fermo che Iddio nel tesoro inesausto della sua
potenza abbia virtù da poterci cavar da tutti i nostri mali, liberar da tutti i pericoli, aiutare in tutti
i bisogni, arricchire d'ogni sorte di ricchezza, esaltare a supremi gradi di vero onore, soddisfar
con speciali diletti e dare in somma tutto quello, che piamente gli vien domandato. Tiene anche
per fermo, che la bontà di Dio voglia, a nostra salute e contento, effettuar quello che la sua
infinita virtù può operare; perchè sà ciò essere condizione della bontà il comunicarsi; sà che la
provvidenza a tutti provvede secondo il loro bisogno, con i mezzi dovuti; e che il mezzo di
ottener le grazie da Dio, è l'orazione, a tal fine da essa divina Provvidenza ordinata. Sa parimenti
che Iddio non può mentire, e ha promesso di sempre esaudire le nostre preghiere.
Dunque chi ben prega Iddio, grandemente l'onora. Quindi è che ordinariamente nel
principio dell'orazione si danno a sua divina Maestà gli onorevoli titoli, i quali esprimono queste
sue grandezze ed eccellenti proprietà che sono come fonti, onde noi speriamo i rivoli delle
grazie e favori. Così fa ognuno che domanda grazia ad un altro; comincia cioè dalle sue lodi,
confessando com'egli può, come è solito, come è per natura e per virtù cortese, ad aiutare chi è
bisognoso; così facevano i Sacerdoti antichi nelle preghiere loro a Dio, cui sempre davano inizio
predicando la Potenza, la Bontà, la Misericordia, la Pazienza, la Sapienza di Dio; e quel che egli
era solito di fare con gli altri, che l'avevan pregato. Così nostro Signore ci ha insegnato a fare,
quando preghiamo il Padre celeste, dicendo all'inizio: «Padre nostro, che sei nei cieli» le quali
parole esprimono la sua bontà, perchè è troppo gran bontà la sua, che si degni lasciarsi chiamar
Padre da noi miseri vermicelli, anzi ce lo commandi.
E perchè non vuol avere il nome senza i fatti, egli si comporta verso di noi da piissimo
padre, e ha per quei che lo temono misericordia, come il vero Padre ha misericordia dei figli.
Questa parola, padre, ci manifesta ancora la cura vigilantissima, che ha sempre di noi,
come di sua cara famiglia. E quante mirabili sue eccellenze si toccano dicendo: «che sei ne'
cieli». Se Dio è nei cieli, non ha chi resister gli possa: ecco la potenza; se è nei cieli, è superiore
ad ogni cosa: ecco l'altezza della sua Maestà; se è nei cieli, egli è beato: ecco lo splendore della
sua gloria e l'infinita dolcezza della sua beatitudine. Ne vogliamo noi dir, che sia nei cieli, come
in un luogo, ove egli abiti, al modo che le creature sono dai luoghi contenute; ma vogliamo
esprimere le sue grandezze, quanto e come possiamo, insieme toccando i nobilissimi effetti,
quali fa lassù nel cielo, glorificando i Santi, e quaggiù i suoi amici onorando con l'interna sua
presenza; i quali amici veramente sono cieli, che più vanno con l'animo discorrendo là in alto
che col corpo giacendo quà in basso. E se la Chiesa santa è un nobilissimo cielo, anzi è il vero
Regno dei cieli, quando diciamo: «Padre nostro, che sei nei cieli», dimostriamo la continua
assistenza di Dio in lei, per la quale la governa sempre, la difende e delle sue divine grazie la fa
colma.
Questi, dunque, e altri onorati titoli si richiudono in quel misterioso proemio dell'orazione,
i quali dando noi a Dio, l'onoriamo. E poichè pregando, tener dobbiamo la dottrina di Cristo,
Maestro singolare d'ogni virtù e principalmente dell'orazione, è conveniente foggiare la nostra
preghiera sull'esempio della predetta Orazione Domenicale; anzi piuttosto usar quella stessa,
quanto al copioso sentimento ch'ella contiene. Poichè dunque quella cotanto onora Iddio, non
possiamo noi ben pregare senza onorarlo. Così è manifesto, che l'orazione onora Iddio in quel
ch'ella crede e confessa.